Neuroprotesi: dispositivi robotici e sistema nervoso.
Come il controllo robotico, testato con successo dall’équipe EPFL, apre le strade a un nuovo campo, dove la tecnologia si combina con l’interfaccia cerebrale. La rete neurale-sensoriale, può dare il via ad una nuova era.
Tutto questo, insieme ai progressi dell’ingegneria biomedica, che mira ad aiutare soprattutto le persone che hanno subito danni permanenti o che sono affetti da patologie congenite.
08 ottobre 2019
EPFL (Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne). Neuroprotesi: dispositivi robotici – la svolta
Come molti sapranno, le neuroprotesi combinano il controllo robotico con le specifiche funzioni del sistema nervoso.
Gli scienziati hanno testato con successo, una nuova tecnologia di neuroprotesi, che combina il controllo robotico con il controllo volontario delle persone.
Per controllo volontario, s’intende il riscontro che c’è da parte del nostro Sistema nervoso e che coinvolge la muscolatura e si suddivide in volontario e involontario.
Questa nuova scoperta, apre le strade del nuovo campo interdisciplinare del controllo condiviso per le tecnologie neuroprotesiche.
Gli scienziati dell’EPFL stanno sviluppando nuovi approcci per un migliore controllo delle mani robotiche; (in particolare per gli amputati), che combina il controllo individuale delle dita e l’automazione per una migliore presa e manipolazione.
Questa prova interdisciplinare del concetto tra neuro ingegneria e robotica è stata testata con successo su dieci volontari.
Tre avevano arti amputati e sette sono soggetti sani. I risultati sono pubblicati nel numero del’11 settembre, di Nature Machine Intelligence.
Neuroprostetica – Neuro ingegneria
La tecnologia unisce due concetti provenienti da due campi diversi.
Implementarli entrambi, insieme, non era mai stato fatto prima per il controllo robotico delle mani e, contribuisce al campo emergente del controllo condiviso in neuroprostetica.
Un concetto, dalla neuro ingegneria, prevede la decifrazione del movimento delle dita previsto dall’attività muscolare, sul moncone dell’amputato; per il controllo individuale delle dita della mano protesica, che non è mai stato fatto prima.
L’altro, (dalla robotica), consente alla mano robotica di afferrare oggetti e, mantenere il contatto con essi per una presa robusta.
“Quando tieni un oggetto in mano e inizia a scivolare, hai solo un paio di millisecondi per reagire“, spiega Aude Billard; che dirige il Learning Algorithms and Systems Laboratory dell’EPFL.
“La mano robotica ha la capacità di reagire entro 400 millisecondi. Dotata di sensori di pressione lungo le dita, può reagire e stabilizzare l’oggetto prima che il cervello possa effettivamente percepire che l’oggetto sta scivolando“.
Come funziona il controllo condiviso
L’algoritmo impara innanzitutto come decodificare le intenzioni dell’utente e le traduce in movimenti delle dita della mano protesica.
L’amputato, deve eseguire una serie di movimenti delle mani per addestrare l’algoritmo che utilizza l’apprendimento automatico.
I sensori, posizionati sul moncone dell’amputato, rilevano l’attività muscolare e l’algoritmo apprende quali movimenti della mano corrispondono a quali schemi di attività muscolare. Una volta compresi i movimenti delle dita previsti dall’utente, queste informazioni possono essere utilizzate per controllare le singole dita della mano.
Le affermazioni di Katie Zhuang, prima autrice della pubblicazione
“Poiché i segnali muscolari possono essere rumorosi, abbiamo bisogno di un algoritmo di apprendimento automatico; che estrae attività significative da quei muscoli e li interpreti in movimenti“.
Successivamente, i ricercatori, hanno progettato l’algoritmo in modo che l’automazione robotica entri in azione quando l’utente cerca di afferrare un oggetto.
L’algoritmo dice alla mano protesica di chiudere le dita quando un oggetto viene a contatto con sensori sulla superficie della mano.
Questa presa automatica è un adattamento di un precedente studio per bracci robotici. Progettato per dedurre la forma degli oggetti e afferrarli sulla base delle sole informazioni tattili; senza l’aiuto di segnali visivi.
Sono tante le sfide che ancora si affacciano sull’orizzonte della progettazione dell’algoritmo; questo soprattutto, prima che possa essere completata in una mano protesica disponibile in commercio per gli amputati.
Per ora, l’algoritmo è ancora in fase di test su un robot fornito da una parte esterna.
Parla Silvestro Micera, presidente della Fondazione Bertarelli dell’EPFL in Neuro ingegneria traslazionale, e professore di bioelettronica alla Scuola Superiore Sant’Anna
“Il nostro approccio condiviso per il controllo delle mani robotiche potrebbe essere utilizzato in diverse applicazioni neuroprotesiche; come protesi della mano bionica e interfacce cervello-macchina, aumentando l’impatto clinico e l’usabilità di questi dispositivi“.
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