I telefoni cellulari ed il tumore al cervello
I telefoni cellulari non causano il tumore al cervello. A scagionare i dispositivi sempre più diffusi e potenti, è stata una nuova analisi su quasi 17000 casi di cancro cerebrale nel continente australiano. Questi si sono verificati a partire dall’inizio degli anni ottanta. Lo studio, guidato dall’Australian Radiation and Nuclear Safety Agency, è stato pubblicato sulla rivista BMJ Open. Lo stesso ha escluso ogni legame fra la diffusione massiccia della telefonia mobile e la grande incidenza dei tumori riscontrati al cervello.
I tassi registrati
I tassi di tumori cerebrali sono rimasti piuttosto stabili nei decenni e non sono cresciuti. Lo ha scritto il responsabile della ricerca, l’esperto di radiologia Ken Karipidis dell’Arpansa. Lo studio è stato finanziato dal governativo National Health and Medical Research Council. Esso ha confermato che l’incidenza di cancro al cervello, è rimasta stabile negli ultimi trentanni. Ed anche, per ciò che concerne le posizioni in cui sono stati riscontrati, pare non abbiano subito variazioni di rilievo.
La parola degli esperti
Gli esperti inoltre, non hanno registrato particolari aumenti di glioblastoma negli ultimi anni. Questo nonostante l’esposizione delle persone agli smartphone e ai telefoni cellulari, in genere sia esponenzialmente aumentata. I cellulari stanno diventando sempre più potenti e sofisticati. Anche le reti si sono evolute negli ultimi cinque anni, ma secondo gli studiosi i risultati dello studio rimangono di buona e attendibile rilevanza.
Cosa accade
Ciò accade perché la quantità di radiazioni emesse dai telefoni cellulari moderni è rimasta comunque sempre abbastanza uniforme. L’esposizione più forte è stata registrata alcuni anni fa con i vecchi telefoni analogici. All’epoca infatti, non erano presenti sul territorio molte antenne di telefonia mobile. Le reti di quinta generazione denominate 5G, pian piano si stanno estendendo in molti paesi. Ciò garantirà maggiori velocità di connessione. Le stesse non devono quindi essere, secondo lo studioso, causa di preoccupazione.
Condividi:
- Fai clic qui per stampare (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Facebook (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Twitter (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su LinkedIn (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic qui per condividere su Pinterest (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su Telegram (Si apre in una nuova finestra)
- Fai clic per condividere su WhatsApp (Si apre in una nuova finestra)
Devi effettuare l'accesso per postare un commento.