Intorno agli anni 600-450 a.C., nell’attuale Germania, un individuo di alto status sociale sviluppò dei sintomi particolari, causati da un virus: grandi lividi, sanguinamento da naso e gengive ed emorragie interne. Dopo la sua morte, gli altri abitanti del villaggio, stupiti, inserirono i suoi organi interni e il suo sangue all’interno di un vaso di ceramica, che fu poi interrato.
La scoperta del virus della CCHF
Oggi, dopo 2500 anni, un team di scienziati, ricostruendo le proteine, conservatesi all’interno del vaso, ha scoperto che la causa della morte di quell’individuo fu molto probabilmente un il virus della febbre emorragica Congo-Crimea, o CCHF Virus, che ancora oggi provoca la morte di molte persone in tutto il mondo. Attualmente il virus è endemico in vari paesi africani e del Medio Oriente.
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La scoperta è molto importante, perché è il primo caso di un ritrovamento di un virus di una febbre emorragica, in archeologia. Inoltre il modo, in cui sono stati conservati gli organi e il sangue, non si era mai presentato nei reperti di quella zona e di quel periodo storico.

Ricostruzione del vaso, che conteneva il virus.
Nel tempo le proteine, che non si sono degradate, hanno formato uno strato sui frammenti di ceramica. Gli scienziati, guidati dal professor Conner Wiktorowicz, hanno utilizzato quindi una nuova tecnica, che ha consentito loro di isolare le proteine frammentate e di ricomporle. Le proteine ottenute hanno sorpreso molto gli scienziati, poiché erano caratteristiche appunto di sangue e organi umani. Inoltre, con la scoperta di due particolari peptidi, filamenti che costituiscono le proteine più complesse, sono risaliti al virus della CCHF, che utilizza tali proteine per legarsi alla cellula da infettare.
La scoperta dimostra anche come sia più facile identificare un virus, cercando le sue proteine caratteristiche, che cercando il suo DNA o il suo RNA. Infatti le proteine, in condizioni adeguate, possono essere preservate per milioni di anni, mentre gli acidi nucleici si degradano più velocemente. Tuttavia alcuni virus, come il vaiolo, sono stati identificati utilizzando gli acidi nucleici.
Possibili sviluppi della ricerca
Dopo la scoperta sono nati molti interrogativi. Infatti rimane da scoprire se la patologia fosse endemica nella Germania di 2500 anni fa, se ci sia stata un’epidemia, o se la CCHF sia arrivata da un’altra regione. Inoltre, da oggi, gli scienziati saranno consapevoli che nei reperti archeologici, potrebbero essere sopravvissuti dei virus mai identificati o delle proteine particolari.
Lo studio completo verrà pubblicato sul Journal of Archaeological Science nei prossimi mesi.
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