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Tecnologia e finanza si alleano e decollano i pagamenti cashless

L’ecommerce italiano raggiunge i 20 miliardi di euro a fine 2016, e traina anche l’incremento delle modalità di pagamento cashless: le transazioni con carta, infatti, crescono a un ritmo annuo del 10 per cento, un valore doppio rispetto al tasso registrato all’estero. La strada è ancora lunga, ma gli utenti stanno imparando a conoscere i vantaggi dell’online.

Le forme di pagamento virtuale si stanno diffondendo sempre di più anche in Italia, grazie soprattutto ai progressi della tecnologia e alla diffusione, ormai a dir poco capillare, di smartphone e tablet, che rappresentano sia una porta di accesso al Web in modalità mobile, sia un vero e proprio strumento per le transazioni, grazie alle app e al mobile payement. La conferma di questo trend arriva dall’analisi combinata di una serie di ricerche, tutte a tema “futuro prossimo”, per così dire.

Vola l’ecommerce

 Il dato più interessante è forse quello relativo alla crescita complessiva dell’ecommerce italiano, che a fine 2016 ha raggiunto il valore di 20 miliardi di euro, ovvero il 18 per cento in più rispetto al fatturato definitivo del 2015, con un boom del 28 per cento per quanto riguarda in specifico i prodotti di elettronica. Eppure, la spesa annua per abitante nel nostro Paese è ancora bassa, a quota 300 euro, mentre invece è pari al triplo in Francia (900 euro) e raggiunge addirittura i 1600 euro nel Regno Unito.

Pagare senza contanti

 La situazione è simile anche nel settore dei pagamenti cashless: se, infatti, 8 operazioni su 10 in Italia sono ancora concluse attraverso contante, è comunque alto il tasso annuo di incremento di pagamenti con carta o strumenti alternativi al denaro contante, che viaggia su ritmi del 10 per cento e valori doppi rispetto a quelli riscontrati all’estero (mercati però molto più “maturi”).

Aumentano anche le carte

 L’ultimo osservatorio sulle carte di credito di Assofin, Crif e Gfk rivela anche un incremento, seppure contenuto, del numero delle carte di credito in circolazione in Italia, che sfiora l’un per cento (+0,9 per cento, per la precisione) rispetto a dodici mesi fa. Secondo i ricercatori, questo scenario “evidenzia come in Italia l’utilizzo degli strumenti elettronici si stia diffondendo anche per acquisti di valore medio-basso, grazie anche a una maggiore familiarità degli italiani con lo strumento e alla crescente fornitura di supporti che permettono il pagamento con moneta elettronica”.

Ventaglio di prodotti

 A convincere sempre più gli utenti italiani è anche la migliorata offerta da parte degli istituti di credito, che hanno lanciato sul mercato una serie di prodotti tra cui è possibile ricercare la soluzione più ideale per le proprie esigenze; un supporto in questa direzione arriva da http://www.fissovariabile.it, sito dedicato proprio alle materie finanziarie, che ha realizzato schede di recensione delle principali opzioni sottoscrivibili nel nostro Paese, come ad esempio Carta Chiara, utilizzabile sia come ricaricabile che carta “usa e getta” per la sua versatilità.

Una contraddizione italiana

 È il web che offre un ulteriore spinta alla “rivoluzione” dei pagamenti in Italia, ma comunque resta qualche ombra e quale segnale di “arretratezza” culturale nel nostro Paese. Infatti, come rivelato da un articolo del Corriere della Sera, se è vero che l’uso del contante sta diminuendo, bisogna anche sottolineare come nel contempocresca quello della carta di credito come strumento di prelievo cash, per avere del denaro in anticipo. Una contraddizione atipica che contraddistingue i risparmiatori italiani, che peraltro in questo modo si espongono anche a costi maggiorati, sia per le commissioni che per eventuali sovrapprezzi (seppur illegali).

Scelta anti-economica

 Guardando i dati dell’Osservatorio Acquisti CartaSi, infatti, si trova conferma di questo trend: nel periodo compreso tra settembre 2015 e settembre 2016, “il mercato delle carte di credito, prepagate e di debito (la spesa) è salito in Italia dell’11 per cento a 97,6 miliardi”, ma la quota maggiore non è quella destinata agli acquisti (+9,3 per cento), quanto invece quella per prelevare, pari al 26,6 per cento, un sistema “più che mai anti-economico”.

 

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