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Demenza, un caso su tre è prevenibile

La gestione di fattori  come la perdita dell’udito, il fumo, l’ipertensione e la depressione potrebbero impedire un terzo dei casi di demenza a livello mondiale. I dati emergono da una relazione della prima Commissione Lancet sulla prevenzione e la cura della demenza.

Presentato alla Conferenza Internazionale dell’associazione Alzheimer (AAIC) 2017 e pubblicato in The Lancet, il rapporto sottolinea anche gli effetti benefici degli interventi non farmacologici quali il contatto sociale e l’esercizio fisico per le persone affette da demenza.

“C’è stata una grande attenzione per lo sviluppo di farmaci per prevenire la demenza, inclusa la malattia di Alzheimer”, afferma il presidente della AAIC, Lon Schneider, professore di psichiatria e scienze del comportamento presso la Keck School of Medicine di USC.

“Tuttavia non possiamo perdere di vista i veri e propri progressi che abbiamo già fatto nel trattamento della demenza, compresi approcci preventivi”.

La commissione ha riunito 24 esperti internazionali per riesaminare sistematicamente la ricerca esistente e fornire raccomandazioni basate su prove per il trattamento e la prevenzione della demenza.

Circa 47 milioni di persone soffrono di demenza in tutto il mondo e il numero potrebbe salire fino a 66 milioni entro il 2030 e 115 milioni entro il 2050.   Circa il 35 % degli episodi di demenza, un caso su tre, è attribuibile a questi fattori di rischio, dice il rapporto. Aumentando l’educazione, affrontando la perdita dell’udito, l’ipertensione e l’obesità nel midlife, l’incidenza della demenza potrebbe essere ridotta di ben il 20 %.

Smettere di fumare, trattare la depressione, aumentare l’attività fisica, aumentare il contatto sociale e la gestione del diabete potrebbe ridurre l’incidenza della demenza.

La commissione ha anche esaminato l’effetto degli interventi non farmacologici per persone affette da demenza e ha concluso che avevano un ruolo importante nel trattamento, specialmente nel tentativo di affrontare agitazione e aggressività.

“I farmaci antipsicotici sono comunemente usati per trattare l’agitazione e l’aggressività, ma c’è notevole preoccupazione per questi farmaci a causa di un aumento del rischio di morte, eventi avversi cardiovascolari e infezioni”, dice Schneider.

Le prove hanno dimostrato che gli interventi psicologici, sociali e ambientali come il contatto sociale e le attività erano superiori ai farmaci antipsicotici per il trattamento dell’agitazione e dell’aggressione legata alla demenza.

La commissione ha anche rilevato che gli interventi non farmacologici come la terapia di stimolazione cognitiva di gruppo e l’esercizio hanno conferito qualche beneficio anche nella cognizione.

Fonte

© Matteo Incani